Medea. Tragica, moderna [L’eternità del mito]

Una donna che per amore farebbe di tutto, anche lasciare la sua famiglia e la sua terra selvaggia per seguire l’affascinante Giasone in Grecia. Una donna che ama e odia con identica, audace, pericolosa intensità, arrivando a progettare (secondo Euripide, ad attuare) l’assassinio dei suoi stessi figli pur di causare all’adultero argonauta il dolore più acuto che un genitore possa provare. Tuttavia Christa Wolf, nel suo «Medea. Stimmen» (Medea. Voci) ci invita a non essere così avventati nel giudizio su questa maga depositaria di un «sapere del corpo e della terra» e detentrice del «secondo sguardo»: infatti, molte fonti antecedenti a Euripide non parlano affatto dell’infanticidio. Il brillante ribaltamento del mito creato dalla Wolf ci induce a riflettere sulla componente razionale di Medea, oltre che sulla sua irrazionalità prorompente e distruttiva.

Al di là della fiducia che ognuno di noi può accordare alle differenti versioni del mito, la storia di Medea rimane una vicenda senza spazio né tempo e, contemporaneamente, una situazione che ha tempo e spazio infiniti. Quale donna non ha mai incontrato un Giasone? Un uomo in apparenza sensibile e galante, abile conversatore e ammaliatore instancabile, che si rivela poi in tutta la sua ipocrisia e inconsistenza? E quante madri si trovano ogni giorno a dover condividere i propri figli con la nuova compagna dell’ex-marito, una Creusa che magari non risponde a tutte le loro aspettative riguardo l’educazione dei figli? Non sono poi sempre i bambini a pagare il prezzo delle liti tra adulti? Ecco che il mito euripideo scavalca le barriere del tempo e torna a noi, vivo e immortale. I due figli di Medea vengono uccisi e le loro spoglie trainate dalla madre sul carro alato del dio Sole o, addirittura, periscono sotto gli occhi esterrefatti del pubblico (nella «Medea» di Seneca).

Vogliamo poi parlare dell’immensa umanità di Medea, nel momento in cui finalmente si sofferma a guardare negli occhi i suoi figli? «Ahi, che devo fare? Il cuore è venuto meno, o donne, quando ho visto lo sguardo lucente delle mie creature. Non potrei; addio, propositi di prima» (trad. Ester Cerbo). In questo passo la maga si rivela una madre come molte, consapevole che, dopo aver ucciso i bambini, il suo dolore sarà anche più atroce di quello di Giasone; e se in lei alla fine non prevalesse l’irrazionalità della vendetta, potremmo considerarla una madre premurosa, attenta più alle esigenze dei figli che alle proprie, esattamente come quella che ci descrive la Wolf con forse eccessivo femminismo.

Ancora Euripide: «Non sarà mai che io abbandoni i miei bambini ai nemici perché li oltraggino. È assoluta necessità che essi muoiano; e poiché è necessario, li uccideremo noi che li abbiamo generati.» Appena prima dell’atroce delitto, una dichiarazione di fragilità emotiva che non ha eguali nelle altre donne della tragedia greca: Medea sente che il suo amore materno sta prendendo il sopravvento e cerca un alibi per evitare di doversi vergognare della sua mente diabolica, ormai giunta all’estrema follia. Ripetersi che sta salvando i figli dall’oltraggio la tiene lontana dal senso di colpa e la pone sullo stesso piano dei grandi eroi greci, di Ettore che teme per il destino del piccolo Astianatte, futuro orfano di padre destinato a essere trattato come il figlio di una schiava, o di Enea che si sente in dovere di garantire un futuro al giovane Iulo.

Ognuno di noi, leggendo la tragedia, la interpreterà inevitabilmente secondo la propria sensibilità; non è possibile tracciare un ritratto unitario di Medea, così eccentrica e diversa, né si può stabilire se sia più corretto definire Medea vittima di un complotto che la vuole estromettere dal mondo civile in cui si è adattata a vivere, oppure donna folle e senza scrupoli che arriverebbe davvero all’infanticidio pur di appagare il proprio orgoglio ferito. Certo è che il mito di Medea è stato reso eterno da tutti gli autori che l’hanno riveduto e riscritto con forme e contenuti diversi, ognuno dei quali ha dato una vita nuova e alternativa a questa eroina tragica.

Un mito è tale solo quando è in grado di trascendere i confini del tempo e portare un messaggio importante anche alle generazioni future. Ora, tutti sappiamo che, almeno in Euripide, dal finale crudele sono messi in ombra molti valori di Medea: il rispetto di sé, l’indipendenza, la capacità di risollevarsi per affrontare un tradimento… Eppure, dimenticando un attimo questa circostanza puramente narrativa, Medea ha ancora molto da dire alle donne di oggi e al loro rapporto con gli uomini.

Alcesti

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